CRONACHE
ANNO 2022
Interno
   
banner
 HOME  CHI SIAMO  CRONACHE  MUSICA  CONTATTI  LINK  PROSSIMI EVENTI       ⇐      
L'ANNO 2022   (clicca qui per scaricare la cronaca in formato PDF)   

2022: L’ANNO DEI GRANDI CONCERTI

Cronache del 98° anno di vita

linea rossa
INDICE
Il requiem di Mozart ⇒ 10 aprile, Mendrisio ⇒ 15 maggio, Tesserete, tra il sacro e il profano  ⇒
L’Oratorio di Natale di Saint-Saëns ⇒ 8 dicembre, festa dell’Immacolata, Mendrisio  ⇒ 11 dicembre, Tesserete  ⇒
15 dicembre, Como ⇒ 19 dicembre, Symphonic Rock Hits ⇒
“Variatio delectat”, dicono i latini, che in parole povere significa che i cambiamenti provocano piacere e interesse. E i cambiamenti sostanziali nell’attività del coro quest’anno sono stati due: uno piacevole, l’altro un po’ meno. Quello piacevole consiste nell’aver raccolto la sfida di eseguire brani impegnativi di conosciuti musicisti, collaborando con orchestre e solisti, circostanza che ci ha richiesto molto lavoro ma ci ha anche fatto provare sensazioni particolari. Il cambiamento meno piacevole è quello che le file dal coro si sono assottigliate e che siamo rimasti poco più della metà di quanti eravamo prima della pandemia. Sembra che sia una condizione di molti cori, ma questo significa certamente che per il futuro dovremo sperimentare nuove modalità di presentarci al pubblico.
linea rossa
IL REQUIEM DI MOZART   (torna su  ⇑)  

È il pezzo che ha occupato i nostri lavori durante la prima parte dell’anno. Prima le nostre prove serali all’oratorio, poi le prove d’assieme con il coro Benedetto Marcello di Mendrisio e il coro lirico di Como, infine i due concerti eseguiti prima al Mercato coperto di Mendrisio, poi nella nostra chiesa di Tesserete.
Il requiem di Mozart è tratta certamente il brano più impegnativo che mai mi sia capitato di affrontare. Quando ripenso alle difficoltà del Kyrie, ancora adesso mi vengono le vertigini. Certo, nell’eseguirlo siamo stati supportati dalle voci già allenate dei cantori di Como e Mendrisio, ma la difficoltà di certi passaggi è veramente notevole, pari forse alla gioia di riuscire a cantarli senza commettere imprecisioni. Certo, è stata una sfida. E come tutte le sfide, quando poi riesci a vincerla ti senti appagato. Di seguito il racconto del concerto di Mendrisio fatto da Graziella e poi il racconto dell’esecuzione a Tesserete.
linea rossa
10 APRILE 2022, MENDRISIO (il commento è di Graziella)   (torna su  ⇑)  

Il grande giorno del concerto ė arrivato! Grande perché il nostro coro si è unito ai cori Benedetto Marcello di Mendrisio e Città di Como e grande perché ci siamo cimentati con il corposo Requiem di Mozart.

Abbiamo fatto molte prove, sia a Tesserete che a Mendrisio e perfino trasferte il venerdì sera a Como. Mi ricordo il viaggio in auto a quattro partendo dalla stazione di Lugano con un temporale (forse l’unico di questa stagione insolita) e un ventaccio forte alla ricerca della sede del Coro di Como con l’aiuto del gps e la nostra “pascolata” a Chiasso con i vari sensi unici e lavori in corso. Ma alla fine abbiamo trovato la sede.
All’inizio ci sembrava impossibile arrivare ad imparare tutte le parti di questo bel Requiem specialmente la fuga del Kyrie e il Lacrymosa, parti che Paolo si è subito impegnato a insegnarci.
Poi con l’aiuto dei coristi di Mendrisio, ci siamo sentiti più sicuri e abbiamo imparato anche gli altri pezzi fra cui il Domine Deus e l’ultima fuga. A ogni prova mi sentivo sempre più sicura ma certe entrate non sempre le ho beccate subito. Per esempio nel Rex Tremendae l’entrata dei contralti “qui… salvandos…” una volta su due rimanevo muta, per non sbagliare, e riprendevo dopo con “salva gratis”.
Nel mio spartito ho annotato le raccomandazioni che Mario Moretti ci ha prodigato: nel Lacrymosa, alla nostra prima entrata “Lacrymosa” dobbiamo smettere subito la sillaba “sa” per lasciare che l‘orchestra suoni le due note successive che richiamano le lacrime, così che il pubblico possa sentire queste due note. O ancora alla fine del Lacrymosa, nell’ “Amen”, bisogna lasciare un bel silenzio e non voltar pagina per il prossimo pezzo!
Tra un consiglio, un aneddoto e una barzelletta, Mario ci ha trasmesso la sua preziosa esperienza.
E così siamo arrivati alla prova generale con l’orchestra.

Nella grande sala del Mercato Coperto di Mendrisio ci mettiamo sugli scalini del podio, mentre l’orchestra è davanti a noi sulla parte piana. Riconosco subito ai timpani il figlio di Mario, l’avevo già visto in altri concerti. Ma non suonava il violino? È proprio polivalente, che bravo! Per conferma chiedo ad una corista di Como: mi risponde: “si, è suo figlio ma non è quello che suona il violino, è il suo gemello!” Che famiglia musicale!
Cominciamo la prova. Non sento affatto la mia voce e neppure le voci dei contralti ma seguo le indicazioni di Mario: ho davanti a me il trombone! Per fortuna anche Mario si accorge che il coro non si sente bene e ci fa salire tutti di uno scalino. Ora sì che va meglio, sento chiaramente la mia voce e le voci delle mie vicine, Ruth e Roberta. Sono contenta.

Oggi, domenica delle Palme, è il giorno del concerto. Arriviamo con un bell’anticipo. Ci sediamo nella prima fila e ascoltiamo i solisti. Purtroppo Sofia Sala non c’è, è positiva al Covid. C’è Giuseppe Cattaneo che conosciamo bene perché ha cantato parecchie volte con noi a Tesserete e ci ha anche fatto lezioni di canto. Anche la soprano, Katia Di Munno ha già cantato con noi nel 2017 nell’Oratorio di Natale di Camille Saint-Saëns. Maria Galliani controlla ancora il palco, distanzia i vasi di fiori. Abbiamo ora più di mezz’ora di pausa per uscire sul piazzale al sole e respirare l’aria di primavera anche se il venticello è ancora freddo. Di Tesserete siamo un gruppetto di 13 coristi: 4 soprano, 5 contralti, 3 tenori e 1 basso: grazie Venerio per aver tenuto duro fino all’ultimo. Gli altri bassi sono malati, sempre il solito COVID, o assenti per altre ragioni.
Ora siamo pronti sul podio, una corista del coro Benedetto Marcello mi passa la voce di non pronunciare la “s” di “nobis”, “benedictis”, “finis” ecc.

Maria Galliani nella sua introduzione, presenta i 3 cori e l’orchestra e dedica il concerto al presidente onorario Mario Snozzi, mancato recentemente. Illustra poi con molti particolari la genesi dell’opera. Lascio a lei la bella descrizione di questo capolavoro:

Opera che Mozart iniziò, lavorando giorno e notte, ma che non riuscì a completare. Mozart è morto nella notte del 5 dicembre 1791 poco prima dell’una. È morto mentre stava lavorando al Requiem e le ultime battute scritte di suo pugno sono quelle iniziali del brano Lacrymosa. Otto battute molto intense e vibranti che paiono accompagnare l’anima di Mozart verso altri mondi, non terreni. La vedova Costanza ha poi affidato il compito di completare la Messa al giovane Franz Xaver Süssmayr, allievo ed amico del compositore defunto.
Nel Requiem Mozart si confronta con Dio sul tema della morte.
Generalmente la messa da requiem è quella messa che dovrebbe accompagnare il defunto nel suo ultimo viaggio. Ci si aspetterebbe quindi una musica lenta, quasi una preghiera, e invece Mozart la articola come una messa per una nuova vita: gridando a Dio la paura della morte e del giorno del giudizio, ma poi sciogliendosi in un canto di speranza per la pace eterna, alternando dunque dei momenti di estrema tensione a momenti di profondità e accortezza ineguagliabili.

L'opera inizia con il canto leggero ma teso dell’Introitus, poi il dolore di Mozart per la morte che si avvicina, aumenta, e lo si avverte prima nel Kyrie e poi nell’esplosione del Dies Irae.
La paura della morte si avverte ancora più chiaramente nel Tuba mirum e nel Rex tremendae dove il canto annuncia l'arrivo del giorno del giudizio. E quel giorno arriva nel tremendo Confutatis. Dopo di che la paura scema, va a scomparire e la pace si manifesta nel Lacrimosa, un canto dolcissimo, soave e paradisiaco. È in questo e nei canti successivi che Mozart chiede pietà al Signore e cerca la pace eterna.

Nella celebre lettera del compositore al padre del 4 aprile 1787 (quattro anni prima di morire) si legge: «Siccome la morte, presa in sé, è il vero scopo della nostra vita, da un paio d’anni ho fatto tale conoscenza con questa vera ed ottima amica dell’uomo e la sua immagine non ha più nulla di spaventoso per me, ma qualche cosa di tranquillizzante e di consolante».
Nel suo Requiem Mozart ripropone questo suo incontro con la morte e compone una musica straordinariamente religiosa. È l’uomo di fronte al Destino, senza negare un grammo del dolore della vita. È morte e resurrezione insieme.
Le qualità del Requiem di Mozart sono fuori d’ogni dubbio. Non è un brano scritto con il cervello ma con il cuore, con la passione. Il risultato è una composizione di una bellezza cupa e solare che commuove e spaventa, che non annoia mai e che sa toccare magicamente l’anima degli ascoltatori.»


Sembra proprio che questo Requiem abbia toccato l’anima del nostro pubblico: un caloroso e lungo applauso ci appaga e rincuora per le nostre fatiche anche se l‘attacco iniziale dell’orchestra è stato un po’ titubante, non tutti gli orchestrali erano assieme, e c’è stato qualche attacco prematuro tra i coristi, fortunatamente coperto dall’orchestra. Tutta la magia dell’opera si è rivelata al pubblico e speriamo di poterla trasmettere anche a Tesserete a metà maggio.
linea rossa
15 MAGGIO 2022, TESSERETE, TRA IL SACRO E IL PROFANO (il commento è di Maurizio)   (torna su  ⇑)  

L’appuntamento per le prove del concerto è alle tre in chiesa a Tesserete. L’inizio della partita è alle tre, al Wankdorf di Berna.
A Tesserete si esibiscono tre cori come già a Mendrisio il mese scorso. A Berna sono due le squadre che giocano la finale di coppa svizzera: Lugano e San Gallo.
A Tesserete questa volta non c’è l’orchestra ma un duo di pianisti: Andrea Chindamo e Matteo Pirola. A Berna i due grandi protagonisti sono Mattia Bottani e Jonathan Sabbatini.
A Tesserete sono una sessantina i coristi. A Berna sono forse 10'000 i luganesi pronti a cantare cori d’incitamento.
A Tesserete, giocando in casa, questa volta dirige il nostro maestro Paolo Sala. A Berna la direzione è presa da un altro maestro: Mattia Croci-Torti.

Ma dalle tre alle quattro e mezza in chiesa a Tesserete tutto è concentrato sulla preparazione del concerto. C’è da trovare i posti sui praticabili, da scaldare le voci, da regolarsi con i due pianisti (la partitura con i pianoforti era già stata scritta dallo stesso Mozart), da adattarsi alla direzione di Paolo (a Mendrisio dirigeva Moretti), soprattutto da ritrovare le armonie giuste per l’impegnativo brano del Requiem.

E alle quattro e mezzo, finite le prove, mi precipito da Luigi, che sta sull’altra parte dell’altare con i tenori. “E allora, coma l’è naia?” “Em vingiüü quatar a vun.” “Ma l’è mia pusibil”, è stata la mia reazione, e invece è andata proprio così.

Sull’onda di questo entusiasmo, condiviso da qualche uomo del nostro coro, alle cinque abbiamo iniziato il concerto, davanti a un pubblico numeroso e raccolto, non certamente rumoroso e scatenato come quello di Berna.

Beh, cantare il Requiem di Mozart è certamente un’esperienza affascinante, che lascia il segno. La concentrazione richiesta, specie nel mio caso che era la prima volta in pubblico, non mi ha permesso di godermelo fino in fondo. Non sono riuscito a liberare il canto, perché ero troppo preso dall’attenzione a trovare le note giuste e dalla paura di sbagliare gli attacchi. Per fortuna che dietro e accanto stavano voci più sicure, capaci di trascinarti.

Globalmente è stato un appuntamento riuscito e molto apprezzato dal pubblico. Questo naturalmente grazie alla bravura dei pianisti, dei solisti e del coro, ma anche a due condizioni diverse rispetto a Mendrisio. La prima era la sala da concerto: dall’impersonale e ampio Mercato coperto siamo passati alla nostra chiesa, cordiale e accogliente. La seconda riguarda i musicisti. A detta di chi ha sentito entrambi i concerti, a Mendrisio l’orchestra ha un po’ surclassato le voci del coro, cosa che non è successa a Tesserete, dove il suono del piano si è amalgamato bene con solisti e coro.
linea rossa
L’ORATORIO DI NATALE DI SAINT-SAËNS   (torna su  ⇑)  

A differenza del brano di questa primavera, l’Oratorio di Saint-Saëns è una vecchia conoscenza del nostro coro. L’abbiamo eseguito nel 1999 e nel 2001 sotto la guida di Romano Longoni. Poi nel 2017, stavolta con Paolo. E così coloro che da più tempo frequentano il coro ce l’hanno nelle orecchie. Questo significa che il canto può uscire più libero, la paura di sbagliare è minore e si riesce a concentrarsi maggiormente sull’interpretazione.
Per questa “tournée” (sono infatti tre gli appuntamenti previsti: Mendrisio, Tesserete e Como), collaboreremo con gli affermati solisti della famiglia Sala e con l’orchestra quando giocheremo fuori casa, mentre in casa sarà il nostro organo ad accompagnarci.
linea rossa
8 DICEMBRE, FESTA DELL’IMMACOLATA, MENDRISIO (il commento è di Maurizio)   (torna su  ⇑)  

Magari maestro e presidente non saranno molto contenti di ciò che vado a dire, ma quasi quasi consiglio a tutti di avere un’indisposizione (un raffreddore, un po’ di tosse, una piccola raucedine sono sufficienti) così da non poter cantare e assistere ad un concerto dai banchi del pubblico. Se poi il banco è il primo e ti trovi faccia a faccia con il nostro maestro e relativa famiglia, il santo vale certamente la candela. Ma non si tratta solo della famiglia Sala. È stato spettacolare poter assistere anche all’esecuzione del coro, all’impasto dell’insieme, alle potenti entrate delle voci maschili, all’abbondanza di quelle femminili. Sei lì e te la godi: niente paura di sbagliare o di non prendere un attacco, niente scomodità di stare tutto il tempo in piedi, nessun ondeggiamento per trovare spazio tra le teste davanti così da cogliere i segni del maestro, niente strabismo per leggere lo spartito che poi non sai bene dove metterlo perché si è sempre troppo stretti. Devi solo ascoltare, goderti il momento e lasciare che i pensieri cavalchino la musica. Uno sballo! Certo, non sei tu a contribuire (per minimo che sia) al successo, non sei tu a offrire agli altri lo spettacolo, non c’è la soddisfazione finale ma, lasciatemelo dire, una tantum ne vale veramente la pena!

In questa condizione ho assistito al primo concerto della triade natalizia. Per tappa iniziale i tre cori (Santo Stefano, Benedetto Marcello e Città di Como, impasto oramai ben consolidato e che è cementato dall’amicizia tra i due maestri Sala e Moretti) si sono presentati al pubblico nella chiesa dei Cappuccini di Mendrisio. Sala gremita, posti del coro sull’altare ridotti al minimo che sembrava di vedere il pubblico assiepato sulle gradinate della vecchia pista di ghiaccio dell’Allmend di Berna, ambiente caldo e accogliente, dominato dall’imponente tela della crocefissione posta sull’altare e vigilato dalle stelle e dagli angeli aggrappati alla volta della navata. Partecipavano alla festa anche l’orchestra Lars con una ventina di musicisti (soprattutto archi, oltre a strumenti quali l’arpa, il fagotto e l’oboe) e la ben conosciuta Famiglia Sala, con la sola assenza di Margherita impegnata a Parigi.
Seguendo la corretta cronologia del Natale il concerto è cominciato con Et incarnatus est, di Mozart, palestra per godersi gli incredibili virtuosismi e giri di voce della Caterina, che finché potremo averla vicino è bene godersela, prima che spicchi il volo verso ben altri palcoscenici.
Poi c’è l’Oratorio di Natale di Saint-Saëns, pezzo forte della serata. Sono cinque i momenti che mi hanno toccato nel profondo.
Nell’ Ego credidi, Giovanni ha veramente fatto una professione di fede: convinta, ribadita, implorante, addolcita dal sussurro finale del coro, che ci ha portato una prima volta a raggiungere gli angeli e le stelle della volta.
La seconda volta che ho intravisto il Paradiso è stata nel sesto movimento, forse quello che da tanti anni tocca le corde del mio cuore, dove il mormorio della gente si risolve nel canto del Gloria che ha una dolcezza infinita.
Ho poi visto lo splendore dei Santi che stanno accanto a Gesù nel settimo movimento. Con Paolo, Giovanni, Caterina e l’arpa. Avete in mente la Corona dei Santi affrescata da Giusto De’ Menabuoi nella cupola del battistero di Padova? Ecco, mi sembrava di essere proprio lì.
I dolcissimi alleluja del nono movimento, eseguiti da Sofia, Lucia e Caterina con superbi gorgheggi ed echeggiati dalla parte maschile della famiglia, con il coro a rinforzare l’inno di giubilo, sono stati anch’essi una prefigurazione del Regno dei cieli.
San Pietro con le chiavi dell’entrata l’ho poi incontrato nell’ultimo movimento. La musica del Tollite hostias accompagnava un’intensissima luce che si intravedeva dietro alla porta. Peccato che alla fine mi abbia detto che non è ancora giunto il mio momento e poi non era neanche sicuro che quello fosse il mio posto… E così gli applausi mi hanno fatto ripiombare a terra.
Giusto in tempo per godermi l’ultimo pezzo: il Laudate Dominum, sempre di Mozart dove solista e coro hanno dialogato in perfetta sintonia.
Poi i bis: tre che più vari non si può. L’Hallelujah di Händel che è sembrato di assistere ad uno spettacolo di fuochi d’artificio. Il Dormi dormi che era come se la Madonna cantasse la ninnananna al suo pargoletto. Infine i pastori con le cornamuse, accompagnati da pecore e agnelli, che sono andati ad adorare Ninno nel presepe napoletano.
Accipicchia questa esperienza mi ha messo l’acquolina in bocca e mi è restata la voglia di ritentare la scalata del Paradiso. Sembra che la prossima occasione sia a Tesserete, domenica 11 dicembre, ore 17:00.
linea rossa
11 DICEMBRE, TESSERETE (il commento è di Maurizio)   (torna su  ⇑)  

Non ho resistito alla tentazione. Sebbene ancora raffreddato, tossente, e con voce in cantina, sono entrato di soppiatto qualche minuto dopo l’inizio del concerto, mi sono messo in fondo alla chiesa isolato dal resto della gente (chiesa piena anche questa volta) e ho ascoltato. Pensavo di restare solo qualche minuto ma la magía della musica mi ha trattenuto, così come ha trattenuto i colpi di tosse, e ho potuto reggere fino alla fine, bis esclusi.
Delle straordinarie capacità della famiglia Sala già si sa ed è inutile ripetersi. Stavolta però mi sono lasciato entusiasmare dai suoni dell’organo e dalla potenza del coro. Sì, è stato proprio bello sentire gli attacchi puliti e le voci vigorose che riempivano le volte della chiesa.
Non ero più nel primo banco, dove giovedì ho potuto ammirare i virtuosismi dei solisti, ma in fondo alla chiesa, e qui ho potuto apprezzare l’intensità del coro.
Molte le sensazioni che si sono succedute durante l’esecuzione dell’oratorio!
Il fervore l’ho provato nel sesto movimento, mentre le voci del coro mormoravano “quare fremuerunt gentes”.
Ho sentito tanta dolcezza subito dopo, quando le stesse voci hanno intonato il Gloria.
La lacrimuccia è scesa nel settimo movimento, dove l’organo accompagnava con note alte e penetranti i gorgheggi dei solisti nello splendore del paradiso.
L’ardore l’ho percepito nel nono movimento, quando il coro ha invitato gli abitanti di Gerusalemme ad alzarsi.
La pelle d’oca è poi arrivata nel Tollite hostias e negli alleluja che hanno concluso il brano.
Pensavo di avere raggiunto l’apice del godimento e invece ho potuto gustare ancora due incantevoli pezzi.
Prima il Laudate Dominum di Mozart, con l’incredibile voce da solista di Caterina. La stessa Caterina pochi giorni dopo ha eseguito questo brano alla Scala di Milano, durante il concerto di Natale teletrasmesso da Rai 1. È stato un privilegio averla potuta ascoltare da vicino, come vecchia amica, nel caldo ambiente della nostra chiesa che l’ha accolta più volte nei passati natali.
Poi l’Hallelujah di Händel, una scoppiettata di gioia, un rincorrersi tra voci decise e squillanti, una delizia per le orecchie.
linea rossa
15 DICEMBRE, COMO (il commento è di Venerio)   (torna su  ⇑)  

A non averne dubbio l’Oratorio di Natale di Saint-Saëns è da collocare nelle composizioni importanti del nostro repertorio. Quest’anno siamo riusciti a proporlo in occasione di ben tre concerti: a Mendrisio, nella Chiesa dei Cappuccini, piccola ma accogliente; a Tesserete, nella nostra Prepositurale ed a Como, nella Basilica di San Fedele, ubicata nel nucleo. Chiesa che per molti di noi ha costituito una piacevole scoperta.
E questo con altre proposte di brani, vere opere d’arte, quali l’Et incarnatus est ed il celebre Laudate Dominum di Wolfgang Amadeus Mozart.
Si dirà che come CORO siamo progrediti: ed è vero, poiché nel tempo siamo tutti cresciuti, acquisendo esperienza e capacità al punto che Paolo, ormai nostro quasi storico Maestro, ci ha gratificati suggellando il concerto a Tesserete quale migliore concerto da noi sin qui tenuto.
Ciò è forse anche dovuto all’unione delle forze con altri Cori, il Benedetto Marcello di Mendrisio, il Coro Città di Como ed anche quello della Famiglia Sala; unione imposta dai persistenti ed innominabili virus che ci perseguitano da alcuni anni.
A parte questo, e per documentare il nostro progredire in positivo, ho frugato nella mia memoria, ma soprattutto nella cronaca del Coro Santo Stefano. Vi ho reperito il resoconto di concerti tenuti nel dicembre dell’anno di grazia 1999 (non è preistoria, ma pur sempre riferibile alla fine del secolo scorso), con l’esecuzione dell’Oratorio di Saint-Saëns nella Chiesa di Sesto Calende e con la direzione del Mo. Longoni. A questo concerto sono seguiti altri, anche in anni recenti, a dimostrazione del grado di capacità acquisito dal nostro coro; con apprezzamento espresso dal pubblico.
Siccome rifuggiamo dagli autoelogi, è bene riferire del Concerto di Como del 15 dicembre. Intanto la trasferta è iniziata con la marcia di avvicinamento alla città comasca, irta di ostacoli, perché a Tesserete nevica, a Lugano e vicino a Como l’acqua è mista a neve. Risultato: la trasferta in vettura richiede due ore, il treno meno, le code sono sparse lungo tutto il tragitto. Mi son detto: forse è il pedaggio da pagare come transnazionali.
Arrivare alla Basilica di San Fedele si rivela semplice, basta entrare nel nucleo di Como. Accedere alla struttura un po’ meno: la porta centrale è chiusa. Dall’altro lato vi sono due entrate: una chiusa, l’altra aperta: vi si avventano gli orchestrali Lars, e noi dietro, insieme ai coristi comaschi.
C’è chi teme una scarsa partecipazione di pubblico, a causa del maltempo. Sarà smentito. Il pubblico riempie tutta la Chiesa, Como e dintorni sono luoghi popolosi.
Raggiungo la Sagrestia, chiedo al Parroco ed al suo assistente di fornirmi notizie sulla Chiesa. Apprendo che si trova al centro della città, su una vasta piazza (piazza San Fedele, un tempo piazza del mercato del grano). La datazione della costruzione si può far risalire attorno al 1120, e anche prima, ma non in un’unica data di erezione, poiché il complesso fu iniziato molto prima. Dedicata come Chiesa paleocristiana a Sant’Eufemia, già nel secolo X vi furono traslate le reliquie di (San) Fedele, soldato romano scoperto cristiano ed imprigionato. Fuggì prendendo la strada di Como, sino a Samolaco; catturato, subì il martirio per la fede tra il 303 e 305 d.C.
Lì le sue spoglie rimasero sino al 964, quindi trasferite nella Chiesa paleocristiana che da lui prese il nome.
Un rilievo: nessuna Chiesa in Italia offre un tipo architettonico uguale. Per trovare costruzioni che le assomigliano occorre andare fino alla regione renana a Colonia. Noi abbiamo ammirato, nella pianta, l’edificio che presenta tre navate, che si allargano a formare due grandi cappelle, contrapposte, circondate da un corridoio (ambulacro).
Le navate si concludono nell’abside centrale, originariamente affiancata da due absidi minori.

Cori, orchestra Lars, solisti famiglia Sala (quest’ultima in crescita esponenziale, in particolare con Caterina soprano e Giovanni tenore), tutti si sono prodotti per un concerto bello ed apprezzato. L’Oratorio, interamente in latino, è destinato ad un coro di quattro voci miste, quintetto vocale, orchestra d’archi, arpa e organo.
Camille Saint-Saëns lo compose a Parigi nel 1858, a 23 anni, in undici giorni, dal 4 al 15 dicembre, per permettere la prima esecuzione nella notte di Natale. Il che gli valse la critica (di Gounod?) di mancata inesperienza…

Sia come sia, l’Oratorio si ispira a testi della Sacra Scrittura e preannuncia la venuta al mondo del Salvatore, il Cristo Signore; per la gioia dei pastori di Betlemme (Et pastores erant, Luca 2,8-14); da cui la professione di fede (Domine, ego credidi, Giovanni 11,27); ma anche, ed è uno dei bellissimi passaggi, l’insistente domanda del perché le genti congiurano, del perché i popoli cospirano: Quare fremuerunt gentes et populi meditati sunt inania? Quare, quare? Il tutto espresso da un Saint-Saëns 23enne (inesperto?), ma di grande attualità…

Per concludere con il Coro che esprime gioia nell’elevare sacrifici (tollite hostias) e nell’adorare il Signore (et adorate Dominum), per cui si rallegrino i cieli (laetentur coeli) ed esulti la terra (et exultet terra): Alleluja!

Pure noi siamo rallegrati per il concerto ed il rientro piovoso-nevoso da Como ci è parso più leggero.
linea rossa
19 DICEMBRE, SYMPHONIC ROCK HITS (il commento è di Fiorenzo)   (torna su  ⇑)  

Profondamente immerso nella redazione di un rapporto peritale, concretamente nel difficile lavoro di traduzione del pensiero medico in un linguaggio comprensibile anche dai giuristi, una volta non è costume, ho risposto alla chiamata telefonica di un numero sconosciuto. Dal tabulato ho poi potuto constatare che ve ne erano state delle precedenti in quella stessa giornata. Non so se il mio numero appare su una lista di personaggi particolarmente stravaganti oppure se la chiamata fosse frutto di una frustrazione sicuramente abissale vista la posizione della lettera “V” (Vos) nell’alfabeto. Frustrazione abissale probabilmente rivelatasi poi essere uno zuccherino rispetto all’immenso stato di smarrimento che deve aver fatto seguito al nostro primo incontro. Arseniy Shkaptsov, direttore della United Soloists Orchestra di Sorengo era alla ricerca di un coro per un concerto di musica Rock al Palazzo dei Congressi assieme a una band e a un’orchestra sinfonica. Concerto ideato da suo padre, famoso direttore d’orchestra in Russia. Si trattava unicamente di apprendere la parte corale, semplice, di una decina di brani tra i più famosi e conosciuti. Richiesta apparentemente innocente che in un baleno ha scatenato uno tsunami di emozioni, di dubbi, di preoccupazioni già solo nel breve tempo del primo corto contatto telefonico.

Un primo macigno successivamente disgregatosi, di carattere filosofico e geopolitico, a proposito dell’interferenza tra la cruda realtà dei tristi eventi e gli attori delle manifestazioni locali del periodo delle festività di fine anno.
Preoccupazione relativizzatasi alla costatazione di un’interazione concertata costruttiva di artisti russi e ucraini alla ricerca della perfezione e dell’armonia ai fini di un obiettivo comune. Preoccupazione definitivamente spazzata via dalla presenza tra il pubblico di profughi ucraini scappati dagli orrori della guerra, venuti ad assaporare un momento di spensierato svago all’ascolto di un concerto ideato e realizzato da artisti con una radice russa.

Nello spazio temporale di un lampo si è spalancato un cassetto gelosamente custodito: fino a che punto posso arrogarmi il diritto di prendere delle decisioni sulle emozioni delle persone precludendo loro l’opportunità di vivere delle esperienze e delle soddisfazioni potenzialmente irripetibili? La memoria è corsa al concerto dei Pink Floyd presso il palazzo dei Congressi di Lugano, ancora oggi, a dieci anni di distanza, capace di risvegliare dei ricordi pieni di emozioni.
Riflessione, evidentemente non condivisa dai colleghi presidenti di quei pochi cori che hanno risposto al mio messaggio, frenati dalla lingua inglese delle canzoni, dagli impegni del periodo natalizio, dalla mancanza di interesse, dal poco tempo a disposizione, ... Sì, perché la telefonata è arrivata circa un mese e mezzo prima del concerto previsto per inizio dicembre.

Riflessione arenatasi poi di fronte alla realtà del mitigato riscontro ricevuto da parte dei coristi, ciò che mi ha proiettato in una tutt’altra orbita di problemi da affrontare e da risolvere: un concerto pianificato a corto termine, un direttore alla ricerca (disperata) di un coro, una tipologia di musica non affrontata fino ad ora, l’incentivo di poter rivivere un esperienza particolare difficilmente ripetibile, la realizzazione di una traccia sonora per voce a partire da uno spartito all’intenzione degli analfabeti musicali come me, la necessità di raggruppare un numero di persone sufficienti per fare fronte ad un’orchestra sinfonica e alla band musicale, la necessità soprattutto di fare fronte al ritegno e alla timidità maschile nel buttarsi in certe esperienze un po’ folli, una diversa ponderazione della nozione di facilità presso i professionisti della musica, l’incubo di poter perdere ancora qualche corista “per strada” in quel corto cammino di poche settimane…

Preoccupazioni assolutamente banali di fronte a quanto sentito in occasione della prima prova, avvenuta presso l’oratorio di Tesserete, malgrado la notte passata in bianco a cercare in rete un programma capace di leggere uno spartito in formato .pdf e di tradurlo in una traccia musicale, a separare il .pdf per voci e a correggere gli errori nel riconoscimento delle note… a livello e da parte di un analfabeta musicale.
linea rossa
  (torna su  ⇑)